LAVORATORE STRANIERO IRREGOLARE? IL RIMPATRIO LO PAGA IL DATORE DI LAVORO

SPIEGA IL PERCHÉ IL DOTT. FABIO PERRONE, CONSULENTE DEL LAVORO

Con il Decreto Interministeriale n. 151 del 22 dicembre 2018, il Ministero dell’Interno ha stabilito l’importo per il 2018 delle spese di rimpatrio dei lavoratori stranieri occupati irregolarmente.

Di cosa si tratta?
Si tratta di una sanzione amministrativa accessoria prevista dal Testo Unico per l’Immigrazione cui può essere condannato il datore di lavoro in caso di impiego irregolare di cittadini stranieri.
Ricordiamo infatti che il comma 12 dell’art. 22 del Testo Unico per l’immigrazione (D.Lgs 286/1998) prevede espressamente che “il datore di lavoro che occupa alle proprie dipendenze lavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, nei termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato, è punito con la reclusione da 6 mesi a 3 anni e con la multa di € 5.000 per ogni lavoratore impiegato”, pene che, ai sensi del successivo comma 12-bis, sono aumentate da un terzo alla metà:
a) se i lavoratori occupati sono in numero superiore a tre;
b) se i lavoratori occupati sono minori in età non lavorativa;
c) se i lavoratori occupati sono sottoposti alle altre condizioni lavorative di particolare sfruttamento di cui al terzo comma dell’articolo 603-bis del codice penale.

Inoltre, ai sensi del successivo comma 12-ter, “con la sentenza di condanna il giudice applica la sanzione amministrativa accessoria del pagamento del costo medio di rimpatrio del lavoratore straniero assunto illegalmente”.

Si tratta quindi di una sanzione amministrativa accessoria cui può essere condannato il datore di lavoro che impiega irregolarmente lavoratori stranieri, sanzione di fonte comunitaria che trae origine appunto da una direttiva dell’Unione Europea, la direttiva 2009/52/CE che introduce all’interno degli stati membri della UE norme minime relative a sanzioni e a provvedimenti nei confronti di datori di lavoro che impiegano cittadini di Paesi terzi il cui soggiorno è irregolare che prevede appunto che le sanzioni inflitte in caso di violazioni del divieto di assunzione illegale includano almeno il pagamento delle spese del rimpatrio.


E’ quindi l’Unione Europea che stabilisce l’importo delle spese di rimpatrio?
No. Le direttive comunitarie non sono direttamente applicabile all’interno degli stati membri dell’Unione Europea, ma vincolano gli Stati membri per quanto concerne i risultati da raggiungere ferma restando la competenza degli organi nazionali in merito alle forme e ai mezzi.
In Italia la predetta direttiva comunitaria è stata recepita con D.Lgs n. 109/2012 che ha previsto che con decreto del Ministero dell’Interno, di concerto con i Ministri della giustizia, dell’economia e delle finanze e del lavoro e delle politiche sociali, siano stabiliti i criteri per la determinazione e l’aggiornamento del costo medio del rimpatrio cui commisurare la sanzione amministrativa accessoria di cui al comma 12-ter dell’art 22 del testo unico per l’immigrazione.
E’ stato quindi Il Ministero dell’Interno, con decreto n. 151 del 22 dicembre 2018, a stabilire il costo medio del rimpatrio dei lavoratori stranieri assunti illegalmente, pari ad € 1.398,00 per l’anno 2018.

Si tratta quindi di una sanzione amministrativa cui possono potenzialmente incorrere tutti i datori di lavoro che occupano lavoratori stranieri?
Solo in caso di impiego irregolare di lavoratori stranieri e cioè, come recita il testo unico per l’immigrazione, in caso di occupazione alle proprie dipendenze dilavoratori stranieri privi del permesso di soggiorno o il cui permesso di soggiorno sia scaduto e del quale non sia stato chiesto, ni termini di legge, il rinnovo, revocato o annullato.
Si tratta quindi di una sanzione amministrativa accessoria cui si può incorrere anche in caso di semplice negligenza, imperizia ed imprudenza: bisogna prestare particolare attenzione ai permessi di soggiorno in possesso dei lavoratori stranieri quanto si intende assumerli alle proprie dipendenze in quanto non tutti i permessi di soggiorno consentono lo svolgimento di attività lavorativa ed inoltre bisogna verificare sempre la loro validità temporale.

I datori di lavoro sono correttamente informati?
Nel nostro ordinamento vige il principio “ignorantia legis non excusat”, latinismo giuridico il cui significato è che la legge non scusa gli ignoranti.
Il ogni caso quando si effettuano assunzioni di lavoratori stranieri, negli stessi modelli telematici UNILAV di assunzione del sistema regionale delle comunicazioni obbligatorie e, in caso di lavoro domestico, negli stessi modelli COLD di assunzione, viene espressamente richiesto l’impegno dei datori di lavoro nei confronti dello Stato al pagamento delle spese di viaggio per il rientro dei lavoratori stranieri nei paesi di provenienza.